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Lotta tra triceratopi: la ferita nel collare di “Big John”

Uno studio sui resti fossili del più grande triceratopo mai scoperto mostra lesioni al cranio che potrebbero derivare da un combattimento con un altro dinosauro della stessa specie. L’analisi è stata possibile anche grazie ad un progetto di formazione e ricerca che ha coinvolto uno studente di Paleontologia dell'Alma Mater


Il triceratopo Big John. A sinistra, lo scheletro del dinosauro: in evidenza, nel cerchio bianco, l'apertura oggetto dello studio. A destra, dettaglio del teschio (Foto: Ferrara A., Briano I. / Scientific Reports)


I resti fossili di “Big John”, il più grande triceratopo mai scoperto, mostrano lesioni al cranio che potrebbero derivare da un combattimento con un altro dinosauro della stessa specie. La scoperta – pubblicata su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature – nasce da uno studio che ha coinvolto ricercatori dell’Università degli Studi “G. d'Annunzio” Chieti-Pescara, del laboratorio Zoic di Trieste e dell’Università di Bologna.

Il triceratopo è una specie di dinosauro con le corna, caratterizzato da un ampio collare formato da ossa parietali e squamose che si estendono a partire dal cranio. Secondo molti studiosi, questo collare serviva come protezione contro le ferite inflitte da altri triceratopi durante i combattimenti. Scoperto nel 2014 nella Formazione Hell Creek, in Sud Dakota (Stati Uniti), “Big John” è vissuto circa 70 milioni di anni fa ed il triceratopo più grande mai scoperto finora: è stato rinvenuto il 60% del suo scheletro e il suo cranio è completo al 75%.

Oltre che per le sue grandi dimensioni, “Big John” è noto anche per essere stato battuto pochi mesi fa in una rinomata casa d’aste di Parigi per quasi 6,5 milioni di euro. Prima che il dinosauro fosse spedito all’anonimo collezionista privato che lo ha acquistato, è stato però possibile analizzare l’esemplare in modo da poter mettere a disposizione della comunità scientifica il patrimonio di preziose informazioni che racchiude. Un’indagine da cui è nata la scoperta delle lesioni al cranio dovute al combattimento.

"Questo studio nasce grazie ad un'iniziativa inedita, pensata per preservare il grande insieme di dati e informazioni contenute in esemplari unici come questo anche dopo il loro eventuale passaggio a soggetti privati", spiega Federico Fanti, professore dell'Università di Bologna, tra gli autori dello studio. "Grazie ad un accordo nato da un’idea sviluppata insieme a Giorgia Bacchia del laboratorio Zoic di Trieste, abbiamo infatti attivato un progetto di formazione e ricerca che ha garantito ad uno studente di Paleontologia dell'Alma Mater - Giacomo Gobbo, co-autore dello studio - la possibilità di svolgere un tirocinio formativo e una tesi di ricerca proprio su Big John, seguendo ogni fase della sua preparazione".

Studiosi al lavoro sullo scheletro del triceratopo Big John


Proprio grazie ai campioni ottenuti con questo accordo, infatti, il gruppo di ricerca ha potuto esaminare nel dettaglio le ferite e le patologie chiaramente visibili sullo scheletro del triceratopo. Ad attirare l'attenzione degli studiosi, in particolare, è stata una grande apertura sul collare nella quale si vedevano depositi ossei che potrebbero essere stati causati da un'infiammazione o forse da un'infezione.

"Le sezioni istologiche hanno mostrato che il tessuto osseo attorno all'apertura sul collare è più poroso e con molti più vasi sanguigni rispetto a quello più lontano dalla ferita: questo suggerisce che si trattava di osso di nuova formazione", dice ancora Fanti. "Questi indizi insieme a una serie di segni di rimodellamento sul tessuto osseo ci fanno dire che l'apertura sul collare ha avuto origine da un trauma, probabilmente il corno di un altro triceratopo, e che la lesione era ancora in fase di guarigione quando Big John è morto".

Dalle analisi è emerso infatti che la ferita potrebbe risalire ad almeno sei mesi prima della morte del grande triceratopo. E i meccanismi alla base del processo di guarigione che è stato possibile ricostruire sembrano essere simili a quelli che ancora oggi vediamo nei mammiferi.

Lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports con il titolo “Histological and chemical diagnosis of a combat lesion in Triceratops”. Gli autori sono Ruggero D’Anastasio, Jacopo Cilli e Luigi Capasso dell’Università degli Studi “G. d'Annunzio” Chieti-Pescara, Flavio Bacchia del laboratorio Zoic di Trieste, Federico Fanti e Giacomo Gobbo del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna.